Carta VS plastica
Il falso mito che la carta sia in assoluto migliore della plastica ha portato negli ultimi decenni l'opinione pubblica a demonizzare quest'ultima. Tuttavia, la questione è più complessa di quanto appaia: carta e plastica sono materiali con caratteristiche differenti e quale sia meglio utilizzare in ogni caso specifico dipende da svariati fattori.
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Carta
PRO
I materiali d'imballo a base carta sono comunemente etichettati come sostenibili e rispettosi dell'ambiente, poichè prodotti con materia prima rinnovabile, dato che è derivata del legno. Carta e cartone sono inoltre facilmente riciclabili e biodegradabili benchè, ovviamente, i processi di produzione e riciclo pesino sul bilancio di emissioni di CO2. Inoltre, alcuni materiali da imballaggio, come i pannelli alveolari, riescono a coniugare leggerezza e robustezza nonostante siano composti interamente in carta, dimostrandosi ideali per imballi, anche ad alta portata, che siano monomateriale e quindi interamente riciclabili.
CONTRO
Tuttavia, le capacità protettive di carta e cartone si dimostrano in alcuni casi limitate, in confronto a quelle di altri materiali. Capita quindi che in situazioni specifiche risulti difficile difendere la sostenibilità tout court della carta, soprattutto quando non è scontato riuscire a garantire la sicurezza del prodotto, poichè a seguito di un danneggiamento si innescherebbero processi come nuove lavorazioni e ulteriori spedizioni, che sono dispendiosi da un punto di vista sia economico sia ambientale.
RICICLO
Gli imballaggi a base carta sono i più riciclati in Europa e, comparando materia vergine e riciclata, la seconda si dimostra più sostenibile. La sua produzione richiede infatti fino al 60% in meno di energia e fino al 70% in meno di acqua rispetto a quella di materia vergine. Tuttavia, carta e cartone possono essere sottoposti a processi di riciclo solo 5-7 volte poiché le loro fibre perdono in lunghezza e qualità ad ogni lavorazione, rendendo necessario aggiungere costantemente nuove fibre di legno.
Plastica
PRO
Gli imballaggi in plastica hanno eccellenti proprietà protettive, garantiscono la pulizia del contenuto, sono riutilizzabili e possono essere riciclati, in teoria un numero illimitato di volte. Rispetto alla carta, le materie plastiche richiedono meno energia sia nei processi di produzione sia in quelli di riciclo. Inoltre, per determinate applicazioni, i film plastici possono rivelarsi più sostenibili degli imballi carta, come nel caso dei materiali di riempimento: gli air bag in PE, ad esempio, rispetto alla carta consumano da 4 a 6 volte meno materiale, poiché i cuscinetti sono costituiti per il 98% da aria, e comportano emissioni di CO2 circa 10 volte inferiori.
CONTRO
La materia prima del classico imballaggio in plastica viene ricavata dal petrolio, risorsa limitata e non rinnovabile, e non è biodegradabile. Proprio per questi motivi, implementare un processo di riciclo che sia ottimizzato ed efficiente è di estrema importanza; sfortunatamente, invece, la plastica spesso viene ancora conferita nelle discariche o incenerita, senza contare le volte in cui finisce dispersa nell'ambiente con gravi conseguenze per l'ecosistema.
RICICLO
Una volta raccolti, PE, PET e PP vengono separati, fusi ad alte temperature e trasformati in granuli per essere utilizzati come materia prima nelle nuove produzioni. E' tuttavia importante distinguere tra plastica riciclabile e plastica riciclata: la prima è composta da materia vergine, appena immessa nel ciclo di produzione, mentre la seconda è materia proveniente da fonti di riciclo, quindi già impiegata in produzioni precedenti, raccolta e riutilizzata. In ottica di sostenibilità, quest'ultima si dimostra senza dubbio preferibile.
Per avallare che la fibra di legno provenga da foreste gestite in maniera sostenibile, Antalis Packaging si affida al Program for the Endorsement of Forest Certification (PEFC) e al Forest Stewardship Council (FSC). Questi due enti certificatori indipendenti attestano che vi sia una gestione forestale responsabile e accreditanto l'intera catena di custodia, assicurando la rintracciabilità dei materiali provenienti da foreste certificate.
Le certificazioni PEFC e FSC garantiscono l'esistenza di procedure per tracciare l'acquisto, il monitoraggio, la produzione, la vendita e la registrazione di materiali certificati.
Le bioplastiche
Sono percepite come materiali sostenibili e migliori della plastica classica da un punto di vista ambientale, purtroppo non è così scontato che lo siano. All'interno di un processo di riciclaggio efficiente, infatti, risulta attualmente più sostenibile la plastica convenzionale, perchè può essere riutilizzata potenzialmete infinite volte.
In base alla definizione della European Bioplastics le bioplastiche per essere tali devono presentare almeno una delle seguenti caratterisiche:
- avere una base biologica, cioè derivare da biomassa
- essere biodegradabili
Plastiche a base biologica
Possono, ma non devono, essere biodegradabili. Ciò significa che il materiale originario deriva dal mondo animale o vegetale, ma la struttura chimica viene talmente modificata durante il processo produttivo che alla fine non si può più parlare di materia organica. Le bioplastiche sono prodotte interamente o parzialmente da materie prime rinnovabili, come mais o canna da zucchero, la cui coltivazione, però, di solito non è affatto sostenibile. La canna da zucchero, ad esempio, viene coltivata in paesi tropicali e subtropicali, come Brasile, Sud Africa e Cuba, e, in modo particolare in Brasile, per fare spazio alle piantagioni vengono abbattute vaste aree di foresta tropicale. Inoltre, la produzione di queste materie prime si pone in concorrenza con le coltivazioni alimentari locali e richiede un cospicuo utilizzo di fertilizzanti e pesticidi, con conseguenze negative per suolo e acque. Per di più, bisogna anche considerare che il trasporto delle materie prime da questi paesi produce emissioni di CO2, che le plastiche derivate da biomassa hanno prestazioni inferiori rispetto all plastica classica e che sono difficilmente riciclabili, comportando quindi un impatto negativo sul calcolo della loro sostenibilità.
Plastiche biodegradabili
Solo a determinate condizioni, si decompongono producendo anidride carbonica, metano, acqua, biomassa e composti inorganici. Per fare un esempio di bioplastica, il poliattide (PLA), noto anche come acido polilattico, è composto da amido di mais e acido lattico e, purtroppo anche in questo caso, le materie prime spesso non provengono da coltivazioni sostenibili. Inoltre, a meno che sia esplicitata la dicitura "compostabile", l'oggetto in PLA non può essere smaltito nel cestino dei rifiuti organici ma necessita di un impianto di compostaggio industriale. Tuttavia la maggior parte di questi impianti non è dotata della necessaria infrastruttura per la degradazione del PLA e delle altre bioplastiche, che finiscono quindi nel cestino dei rifiuti indifferenziati. In ogni caso, anche quando le bioplastiche riescono ad essere efficacemente degradate, risulta preferibile il riciclaggio delle plastiche convenzionali e il loro uso ripetuto rispetto alla perdita di materiale attraverso il compostaggio. Infine, finora le bioplastiche non sono state in grado di competere con la plastica classica in termini di qualità: ad esempio sono significativamente meno resistenti allo strappo, ma lo sviluppo dei nuovi materiali è in continua evoluzione e tra qualche anno la situazione potrebbe essere completamente diversa.